La loro rarità.
Vorrei che per un giorno…
Vorrei che per un giorno:
si dimenticassero gli “studenti” gifted, la scuola, le normative e i piani di studio personalizzati,
non si identificassero i gifted per quanto precocemente imparano a leggere e a contare, per ciò che sanno fare, per le loro conoscenze di scienza e matematica,
non si confondessero gli aspetti che riguardano la psicologia della giftedness con quelli che appartengono alla gifted education,
non si iniziasse ogni frase con “Hanno un dono ma…”,
non ci si lamentasse di quanto è impegnativo stare al loro passo, di quanto sia faticoso per i genitori,
non li si descrivesse come fragili, incompresi e confusi,
non si separasse il loro essere in compartimenti: cognitivo ed emotivo,
non si guardasse a loro con l’occhio di chi pensa che, alla fin fine, sono troppo lontani dal mondo “normale” tanto che non ne faranno mai parte,
non si pensasse
che hanno difficoltà relazionali, affettive e immaturità emotiva,
che sono sopraffatti dalle loro stesse emozioni,
che non sono in grado di gestire le loro abilità intellettive e comprendere quelle socio-emotive,
che c’è qualcosa in loro che va re-indirizzato,
i non gifted non pretendessero di insegnare loro come e quanto essere sensibili,
non li si guardasse in modo arido e schematico,
non si imponesse loro di adeguarsi agli standard e alle aspettative di chi non è gifted,
in poche parole, non li si descrivesse attraverso il punto di vista di chi sta loro intorno.
Vorrei che per un giorno si abbandonasse la visione superficiale della giftedness, quella che misura la persona dal di fuori e che pretende di interpretare e definire il potenziale dell’individuo.
Vorrei che per un giorno si guardasse ai gifted dal di dentro e si comprendesse la consapevolezza che loro hanno di se stessi e del mondo circostante, ciò che descrive il loro essere.
La loro rarità è preziosa e va colta nel suo più profondo significato perché possa risplendere.
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